IL PATRIMONIO UNESCO DELLA CAMPANIA
08 SETTEMBRE 2023
Newsletter a cura del WTE
IL PATRIMONIO UNESCO DELLA CAMPANIA
Tra beni materiali e immateriali, la Campania può vantare ben dodici elementi riconosciuti quali patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
I beni materiali Unesco campani, ammirati in tutto il mondo, sono sei: il Centro Storico di Napoli; il Palazzo Reale di Caserta con il Parco, l’Acquedotto vanvitelliano ed il Complesso di S. Leucio; la Costiera Amalfitana; il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula; il Complesso monumentale di Santa Sofia a Benevento; l’area archeologica di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (l’antica Oplontis).
Per quanto riguarda il patrimonio immateriale, sono iscritti nella World Heritage List Unesco: La Dieta Mediterranea, L’arte del pizzaiuolo napoletano; I Gigli di Nola, la Transumanza, L’arte dei muretti a secco, La Cerca e cavatura del tartufo.
beni materiali
ll centro storico di Napoli è patrimonio Unesco dal 1995, quale riconoscimento al ruolo ricoperto dalla città sin dall’antichità, prima come centro importante della Magna Grecia e della Repubblica Romana, quindi nel Medioevo, quando la città era fra i centri culturali più influenti della regione mediterranea. E ancora, dal XVI al XVIII secolo, essendo una delle principali capitali europee. Di tutto ciò il centro storico partenopeo è ricco di testimonianze, con i suoi palazzi, chiese e monumenti.
Per gli amanti dell’arte e dell’architettura, impossibile perdersi la visita alla Reggia di Caserta con il Parco, l’Acquedotto del Vanvitelli e il Complesso di San Leucio. Patrimonio Unesco dal 1997, la Reggia di Caserta fu voluta da Carlo III di Borbone a metà del XVIII secolo, ispirandosi e, al contempo, rivaleggiando in sontuosità con Versailles. Meno noto, ma altrettanto interessante, il complesso di San Leucio, che il re Ferdinando IV di Borbone volle trasformare in un complesso di produzione della seta, con tanto di case, scuole, servizi medici e di altro genere per i lavoratori, che oggi è divenuto il valore di un modello di società basato sul lavoro e l’uguaglianza.
Conosciutissima e oggetto di ammirazione dei visitatori di tutto il mondo è l’area archeologica di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, divenuta patrimonio Unesco nel 1997. Le città, sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., sono una ricca testimonianza della società e della vita quotidiana dell’epoca, che ancora oggi continua a sorprenderci con scoperte e ritrovamenti di inestimabile valore.
Meta turistica soprattutto estiva, la Costiera Amalfitana presenta paesaggi e atmosfere uniche, con i caratteristici borghi a picco sul mare, i profumi e i colori, la storia e le tradizioni, che ne fanno un luogo romantico, conosciuto e amato in tutto il mondo. Non a caso, dal 1997 è anch’essa patrimonio dell’Umanità Unesco.
Il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula, sono patrimonio dell’Umanità dal 1998 a testimoniare l’importanza dell’area dal punto di vista naturalistico, ma anche culturale, politico e commerciale.
Iscritta con ampio merito alla World Heritage List è anche la Chiesa di Santa Sofia a Benevento, divenuta patrimonio Unesco nel 2011. Fatta costruire nell’VIII secolo d.c. dal principe longobardo Arechi II, l’edificio rappresenta uno degli esempi più belli di architettura del primo medioevo. Qui trovarono rifugio i longobardi dopo la sconfitta di Re Desiderio nel 774.
Il patrimonio immateriale
La Dieta mediterranea è uno stile alimentare che si basa sull’utilizzo di una serie di ingredienti semplici e genuini – pasta, verdure e legumi, pesce azzurro, poca carne, olio extravergine di oliva, uova, cereali, frutta di stagione – da secoli alla base di una alimentazione codificata negli anni Sessanta del ‘900 dal medico statunitense Ancel Keys. Questo modello alimentare è stato riconosciuto nel 2010 dall’Unesco quale Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che premia uno stile di vita ecosostenibile dal basso impatto ambientale, un modo di vivere fatto di relazioni, culture, senso di appartenenza e condivisione tra comunità che vivono sul Mare Mediterraneo.
La pizza napoletana è, senza ombra di dubbio, uno dei piatti più amati al mondo. E, alla base della preparazione di una buona pizza c’è una grande manualità, la conoscenza degli ingredienti giusti e la capacità di selezionarli, i piccoli segreti per ottenere l’impasto perfetto. L’arte del pizzaiuolo napoletano è stata inserita, nel 2017, nell’elenco dei beni Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Perché la pizza è gestualità, condivisione, cultura, patrimonio collettivo di una città intera, e non solo.
I Gigli di Nola sono le macchine della festa di San Paolino, patrono della città, che si celebra, nella cittadina vesuviana, ogni anno la domenica successiva al 22 giugno. Fanno parte delle Feste della Rete delle grandi macchine a spalla italiane, assieme ad altre celebrazioni che prevedono processioni con strutture da portare a spalla. Centro della festa è una sontuosa processione in cui sfilano otto gigli che scortano la Barca, un carro devozionale che ricorda, secondo la tradizione religiosa, il ritorno via mare, nel 431, del vescovo Paolino dopo la prigionia in terre lontane. I Gigli sono torri piramidali in legno alte 25 metri, pesano tra i 20 e i 30 quintali, decorati con dipinti, intarsi, fiori e ceri, portati in corteo dai ‘cullatori’, a spalla e a ritmo di musica. Questo straordinario rito è stato dichiarato Patrimonio Unesco nel 2013.
Terzo riconoscimento transnazionale per l’Italia (dopo la Dieta Mediterranea e la Falconeria), l’Arte dei muretti a secco consiste nell’antichissima tecnica di costruire muri sistemando le pietre una sopra l’altra, a incastro, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta, per realizzare strutture da utilizzare come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame. La costruzione di muri a secco contribuisce alla prevenzione di frane, inondazioni e valanghe, e al contrasto dell’erosione del suolo e della desertificazione. Un patrimonio di sapienza da preservare, che in Campania ha i suoi punti forti soprattutto nella Costiera amalfitana.
La Cerca e cavatura del tartufo è costituita da un insieme di conoscenze e pratiche tradizionali trasmesse oralmente di generazione in generazione e ancora ampiamente diffuse nelle campagne del nostro Paese. L’elemento è stato riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2021. La “caccia” al tartufo si divide in due momenti specifici: la caccia vera e propria e l’estrazione. La prima consiste nell’identificazione delle aree in cui si trova la pianta dalle cui radici cresce il fungo sotterraneo chiamato appunto “tartufo”. Questo passaggio è eseguito con l’aiuto di un cane appositamente addestrato. I cacciatori utilizzano poi una paletta speciale che consente di estrarre i tartufi senza danneggiare il terreno circostante. In Campania viene cercato e cavato, tra gli altri, l’ottimo Tartufo nero di Bagnoli Irpino. Inoltre, risulta particolarmente pregiato il tartufo bianco raccolto nei comuni di Apollosa, Arpaise, Ceppaloni e San Leucio del Sannio in provincia di Benevento.
L’appuntamento con il Patrimonio Unesco della Campania è al World Tourism Event for World Heritage Sites a Torino dal 21 al 23 settembre 2023.
Per informazioni: Tel 0758005434 | mail info@wtevent.it | www.wtevent.it
Commenti recenti